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LAVORARE AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

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Alcuni mesi fa, al termine di una giornata in cui stavo per “sbroccare”, lavorativamente parlando, ho scritto un articolo, “La follia dell’emergenza”,

 http://centroservizisoldani.it/2019/09/20/lavorare_emergenza/ in cui raccontavo, in modo molto critico, di questa tipica tendenza italica a procedere per “stati d’avanzamento d’emergenza”, senza nessuna o comunque poca volontà di pianificare, organizzare, provare ad anticipare gli eventi e quindi, i problemi. E in quelle righe ho cercato di spiegare altresì come la capacità di un’azienda di operare con metodo ed organizzazione non sia “soltanto” un modo per ridurre i problemi e le loro conseguenze, quanto un elemento competitivo tra i più importanti per resistere sul mercato, poiché la frenesia del mondo reale e l’aumento esponenziale degli adempimenti burocratici fa sì che chi non è un minimo strutturato e metodicamente organizzato nel medio lungo periodo non ce la fa a resistere.

Poi ecco che in questi giorni -tristi, folli, e sotto molti punti di vista contradditori – praticamente tutte le aziende dello Stivale sono alle prese, questa volta sì davvero, con un’emergenza, un ciclone, imprevedibile e imprevisto, ovvero l’ormai noto Coronavirus. Che è fonte di ansia, preoccupazione e paura, sia dal punto di vista umano, sia dal punto di vista professionale. L’angoscia per la salute, personale e delle persone care, si mischia a quella legata alle sorti del proprio lavoro, della propria azienda. Ovviamente non starò qui a dissertare su questioni sulle quali non ho preparazione sufficiente o che non mi competono e non parlerò nemmeno delle modalità alternative di lavoro, dallo smart working alla formazione a distanza, e di quanto queste potranno rivelarsi utili e funzionali quando tutto questo sarà passato, lasciando sul campo, si spera, meno macerie possibili. La conferenza stampa di questa mattina del Premier Conte peraltro lascia intravedere, dal punto di vista economico, spiragli incoraggianti, perché il Governo metterà in campo 25 mld per contrastare i danni economici che deriveranno dal Coronavirus, e quindi, seppur in attesa di vedere come e dove saranno impiegati questi soldi, il futuro non appare esattamente nero come ieri.

In tutta onestà, dicevo, in questo articolo preferisco affrontare la questione, ovviamente soltanto per quanto attiene alle dinamiche professionali, da un’altra prospettiva: quella relativa a cosa un imprenditore può fare in questo mese, mese e mezzo (speriamo non di più, sia per la salute che per l’economia, altrimenti si aprirebbero scenari ben peggiori), in cui non si lavorerà, o lo si farà in modo molto ridotto. Prima del “cosa”, credo che sia necessario fare un passo indietro e parlare del “come”. E per farlo racconto la mia personale esperienza che, senza avere la pretesa che valga per tutti, penso possa rappresentare una situazione in cui alcuni o molti imprenditori possono essersi ritrovati in questi giorni o ritrovarvisi nei prossimi. All’inizio della percezione della gravità del problema (che per tutti non è avvenuto nello stesso tempo, e lo dico a fini descrittivi e senza alcun giudizio) credo che lo sconforto sia la sensazione che si è impossessata di (quasi) tutti. Dopo oltre dieci anni dalla crisi Lehman Brothers, in alcuni settori, pur tra mille difficoltà, si incominciavano solo adesso a vedere alcuni spiragli consistenti di ripresa, e quindi il Coronavirus è una mazzata che, anche solo a livello psicologico, spacca. Inutile girarci intorno, la consapevolezza immediata che sul campo (ripeto che ancora una volta in questa sede mi limiterò al settore economico) resteranno macerie e morti c’è e negarla non aiuta da nessun punto di vista. Ma, una volta passato il dramma, qualcuno, si spera molti, si spera “i più” ripartiranno, dovranno e vorranno ripartire. Per far questo dobbiamo superare, più in fretta possibile (ovviamente nel rispetto dei tempi di ciascuno), lo scoramento e concentrarci su cosa possiamo fare in questo tempo. E dovremmo pensare, possibilmente, non (sol)tanto a qualcosa che, seppur utile, abbiamo sempre rimandato per mancanza di tempo, ma soprattutto a qualcosa che, a livello di motivazione professionale, ci consenta di andare oltre lo sconforto. In altre parole, ci pensavo ieri sera sotto la doccia, siccome la “depressione” è profonda, non possiamo contrastarla con obiettivi e attività ordinari, ma stra-ordinari, nel senso stretto del termine, ovvero fuori dall’ordinario. Non parlo di voli pindarici (o magari sì, chi può farli), o effetti speciali, che sarebbero anche graditi, ma sono spesso poco realistici o non alla portata dei molti: mi riferisco piuttosto ad attività assolutamente fattibili, di pianificazione e organizzazione, che, al momento della ripartenza, possono dare un impulso importante alla vs. azienda, in termini di monitoraggio costi, o efficienza operativa, solo per citarne un paio. Alcuni esempi pratici: se da tempo vi sembrava che la vs. impresa potesse lavorare meglio, provate a pensare a modelli organizzativi diversi da quello che avete adesso, cambiando il ruolo e/o le mansioni di alcuni addetti; se invece ritenete che l’organigramma aziendale vada bene così com’è, valutate se a livello di procedure potete ottimizzarne alcune, migliorarne altre, in modo da ridurre le perdite di tempo e innalzare l’operatività dei singoli e di conseguenza dell’impresa tutta. Se avete tralasciato, nei mesi scorsi, un’analisi di mercato su prezzi e punti di forza/debolezza dei vs. concorrenti, fatelo in questa fase, e al momento del restart saprete dove mettere mano. Guardate non si tratta di cose così difficile, e nemmeno teoriche, si tratta, in concreto, di pensare a come migliorare la vs. azienda con piccoli accorgimenti dall’impatto notevole. Se è da tempo che volete cambiare quel fornitore, ma per mancanza di tempo non avete mai avuto modo di valutarne altri, fatelo adesso. E’ più importante di riordinare le carte sulla vs. scrivania o di sistemare l’archivio, o di salvare digitalmente tutti i vs. lavori. Soprattutto, queste ultime attività che vi ho scritto, rischiano di non darvi quel surplus motivazionale di cui adesso invece c’è e avete bisogno. Obietterete che nemmeno scegliere un nuovo fornitore è chissà quale figata professionale, ma uno dei punti chiave su cui vorrei farvi riflettere in queste righe sta proprio qui: andate oltre il senso della mera attività che compiete, valutatela per il valore e il vantaggio competitivo che può darvi dopo, per i costi che vi permetterà di ridurre, per i maggiori ricavi e/o utili che vi consentirà di realizzare. Cercate, in sostanza, di dedicarvi ad attività reali i cui output vi consentano preparare i vs. successi futuri e di immaginare un futuro economico migliore, in modo tale da placare l’angoscia, almeno professionale, di questi giorni

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